Foglie

Foglie
dall’albero della mia vita.
Se cadessero
una ad una
avrebbero lo stesso desiderio
delle lacrime,
passare inosservate.
Invece si aspettano
assecondano
la coreografia del cielo
che le vuole giunte in coppia.
Nello spazio di un volo
così come nella vita
bordi irregolari
bramano diventare dita
per ricordare a se stessi
che un contatto ci fu
e sopravvisse al fango.

Armageddon

Su questa lingua di catrame
accendo un fuoco
e brucio il presente.

Distante un fazzoletto d’erba
ci sei tu in quell’aereo.

Costretti in binari
non ho percezione
di quando convergeremo.

Corro ansiosa
verso la pentola d’oro.

La curva dell’arcobaleno
sarà il brodo primordiale, succo spremuto
dall’armageddon
dei nostri mondi interiori.

Rimpianto

Lacrime.
Se non le guance
di sicuro
imbevono il cuore.
Ancora.
Ancora.
Ed ancora.
Voglio dare
un ultimatum
ad “ancora”
voglio che diventi
l’àncora
che mi strappi
dai rimpianti.
Fosse così semplice
come cambiare di posto
ad un accento.
Ho mutilato il corpo
con desideri indotti.
Ho scarnificato
la naturale natura
come l’ultimo cibo
sulla terra.
Tutto pur di compiacerlo.
Ed in questa testa
come in un armadio
vecchi scheletri
e tarli iperattivi
si giocano ai dadi
l’essere me stessa.

 

Sin

Il cuore è una campana
immota
nel petto.

In pugno
ho un tuo pensiero.

Impugno la mano
miro al bersaglio
come farei in Chiesa.

Rintocco di battiti.
Il torace urla
“per mia colpa…”.

Quanto devono andare
a fondo
queste due dita
affilate come un pugnale
per cancellarmi dalle cellule
la stessa geometria
di alti e bassi
che c’è nel tuo quaderno?

X dita

Dieci dita.
Cercano nell’aria
il tuo profilo
come radici
di mangrovie bisognose del creato.

Dieci unghie
in abito vermiglio.
Listate a lutto,
vedove della tua carne.

Carnevale di impronte,
stelle filanti
inibite nel volo.
Ricamate della tua assenza,
infinita Quaresima.

 

Spirale perversa

Dentro lo specchio
agguanti la mia immagine.
Ci sei tu,
Carne e Sangue.
Ed io mi vedo
come tu
Vorresti essere.
Per ucciderti
in me
non mi rimane
che strapparmi di dosso
questa
Osmosi di Pelle.

Tutto. E il suo contrario.

Raschi via
il mio nascente sorriso
quando confermi
le incertezze che ho.
Eppure le tue vene
sono cunicoli
in cui scorrono le mie lacrime,
le attiri
fin sull’uscio del tuo cuore
per rapirle,
perché non mi facciano più male.
Sei tutto.
E il suo contrario.

Eden

Note
di piano-forte
scandiscono i tuoi passi
fino alla porta
del mio collo.
Bussa il respiro.
Con dita sfrontate
mi scardini
dalle scapole
una giacca filata col
fuso dell’Inconsistenza.
Silenzio di ali.
Le pupille
rosse come labbra appagate
sfiorano
un angolo di Eden che
dimora sulla mia spalla.
L’intreccio di mani
è un cesto di vimini
con cui rapire
la nostra mela.
Mi illudi
con l’alcova
delle tue braccia.
Sciocco,
sono io a guidarti
nel baratro di noi.

 

 

 

Sposi

Abbraccio le tue mani, Amore Mio.
Le asseconderò nel loro
essere curiose,
nel rubare al cielo
la scia di un aeroplano
per scrivere di noi.
Regaleremo l’inchiostro
dell’Anima
alla terra, nei momenti bui
e alle stelle, nelle giornate felici.
Stanne certa:
il quaderno
dell’Incomprensione
rimarrà intonso.

Non può finire così

I nostri corpi
hanno riscritto
il senso
di musica e parole.
Non può finire così.
Le nostre mani
hanno scavato
nella discarica
delle sensazioni
giudicate superflue;
si sono trovate
forse ri-trovate
a fare da culla
alla rinnovata passione.
Non può finire così.
Mi hai regalato
le pietre
dei tuoi anni,
le ho messe
in fila
per disegnare
la Rosa dei Venti
alla tua Esistenza.
Non può finire così.
Con le tue lacrime
di stalattite
hai scritto
il mio destino
di stalagmite.
Le attese,
liberate
come grani
di un rosario
senza vincoli,
rintoccano
sul pavimento
che
“non può finire così”.