Cronologia

Cancello la cronologia
di sassi impilati nel tuo altare
e con le forbici strappo il rosario della mia devozione.

Ride the Lightning

pav

 

 

 

 

 

Adagiami su un temporale irto di spine
scioglimi nei capelli la libertà di esser foglia, poi chioma.
Cullami lo sguardo
baciami addosso stagioni più docili
se mai arrancassi
come corpo senza radici
tra le tue braccia.

Rain

RAIN

 

 

 

 

 

 

Un’esca di pioggia
mi cattura la fronte
narici a sospirare acqua
e terra che ribolle pensieri.
Braccia, istinti
a formare una croce
immobile espiazione
per tornare
alla purezza di nucleo.

Ho danzato

Ho danzato su un palco in pendenza e ho dovuto mettere le briglie alla mia inquietudine per non rotolare; su un palco in piano ho preso a braccetto gli imprevisti e burlato la bonaccia.
Ho danzato sul legno, sul linoleum, sul cemento, addomesticato i piedi con vesciche, rese le  unghie come foglie, cangianti nel colore e nella sopravvivenza.
Ho danzato su ogni granello di sabbia e le tue braccia hanno impedito che mi graffiassi, lasciandomi la carezza delle nuvole.
Ho danzato sotto il sole di ogni colore ed intensità, cocente, svogliato, ad intermittenza. Mi sono lasciata scaldare, imparando a leccare le ustioni.
Ho danzato con le intenzioni, prima che con i passi, dietro scudi neri e sentito i pori filtrare l’adrenalina.
Ho danzato con una pozione addosso, il mio e il tuo sudore, generata da quella pazza alchimista quale è la Passione; con il vento che coreografava le vesti e in abito da sera. Mi sono sentita diadema sul tuo cuore.
Ho danzato nell’intorno dei tuoi occhi con labbra e impronte di consolazione, ma ne avrei fatto volentieri a meno.
Ho danzato con dita colorate di colla, carta crespa, pennarelli, con cui ho inventato le mie stelle.
Ho danzato in fila alla cassa, in bagno, dietro la tavola da stiro, sotto la doccia, guardando il rosso di un semaforo, nei sogni.
Ho danzato con calzari intrecciati di poesia, dubbi, fallimenti, rinascite.
Per ogni dove, nel corridoio dei miei silenzi.

Ogni tramonto che resta

C’è
un sobbollire di rughe
sulla tua spalla di padre
e il mio orecchio s’adagia
su queste corde d’arpa
pregne delle nenie d’un tempo.
Stringo negli occhi
il profumo di passeggiate,
serro le ciglia
perchè la luce non bruci
il fotogramma del nostro giocare.
Sgrano il futuro
dal suo baccello
se poggio la fronte alla tua tempia,
sono un seme d’uomo, marito, padre
cosparso sull’humus
di rispetto e tradizioni,
disperso ma mai perso.
Stiamocene così
per un domani ancora
con la sabbia che pretende la pelle
e la forgia in clessidra, per rotolarci
ogni tramonto che resta.

Vicino (eh!)

Sarebbe potuto essere
amore, se gli occhi
fossero inciampati nello stesso
scorcio d’onda,
soffocati nella sabbia impertinente,
rimarginati da quella lacrima
che vibra sulla guancia del cuscino.

Padre&Madre – 40 anni di matrimonio-

Il Tempo non scalfisce l’Amore ma gli regala nuove insenature; il Tempo è il più esperto tra gli orologiai, dà forma a sottili, a volte impensabili ingranaggi perché due Anime possano collimare e muovere, con gesti simbiotici, le lancette dei giorni.