Vene di legno

Vene di legno
sospirano costellazioni
nel fluire rapito
dal cuore di luce.
Gemono
fanno gocciare docili impronte
sulle pareti di questa mia scatola
d’ossa
e sensi accolta.

Contempli la mia natura silente
incastoni un pensiero nella scia di cometa…

… e mi sveglio Primavera.

Del gioire

Attraccano le mie radici
ad un porto fatto di stoffa
sono un uomo in sospeso,
cucito solo coi sensi.
Gitani gli occhi
nella sinuosità del cielo
il respiro si fa danza
quando intravedo i tuoi contorni.
Hai i crinali in fiore
la stagione amica ha soffiato
calde sementi sul ghiaccio
e quel pugno di case
pulsanti di risa
è il tuo cuore abitato dal sole.
Strappo erbe selvatiche
sei spezia sulla lingua
piccante dalle tempie
fino al mio rincorrerti.

Inclusione

Quanto cielo c’è
nel mare che mi corre addosso
ipnotizzato dai tuoi piedi
che forzano le chiuse dei miei desideri.
Quanto mare c’è
negli miei occhi storditi dal sole
eppure vigili sulle tue calette
dove acquietare il letargo.

Ad Oriente

Seguimi
nel pozzo dei desideri
setacciane i sospiri
con dita complici
fino a trovare la chiave
che chiude i confini del mondo.
Fatti inseguire dalle mie risate
asseconda i miei silenzi
fino a questo scorcio d’oriente,
getta la chiave nella serratura d’orizzonte.
Il nulla intorno a noi
ha gli occhi di un bambino
che aspetta la favola della vita.
La mia tempia, la tua spalla
nell’istante del voltar pagina.

La cura della pioggia

Chiami la pioggia
come la terra t’ha bisbigliato nel cuore.
La bocca urla
e labbra si dilatano in crepe di siccità
e dita s’inarcano sul precipizio del piacere
anelando alla nenia
delle gocce che ammansiscono la pelle.

Quante lacrime fa

Quante lacrime fa
ho scardinato l’uscio
perché te ne andassi
senza il bisogno di girare la chiave
solo il gesto di rivestirti
con quel silenzio che attutiva
i miei limiti.
Quante lacrime fa
ho poggiato la fronte
su un selciato di lentiggini e nei
che mai conduceva (finiva con) a te,
gemuto nell’insenatura tra collo e spalla
richiamando il tuo porto.
Quante lacrime fa
vorrei poter dire di aver smesso di piangere
ma le guance sono campi coltivati col sale
e i ricordi fiori mai pensati.

Esortazione

Leggimi gli impeti lasciati al pascolo dei giorni
traducili e domali, come un dito
che zittisce il vento tra le pagine.
Leggimi gli attimi in cui la testa
trova riparo tra le ginocchia
forza gli scuri sul petto
perché vi entri danza,
risate, musica e tutte le parole
che tu sai essere luce per me.
Scompiglia le strofe
sovverti le favole
leggimi con l’alfabeto uscito da una pozione.
Diventa luna per il mio corpo di donna.

Così

Correrti incontro…
mentre gli occhi dei passanti s’accendono
come lampioni curiosi di tramonto
e braccia sono appigli certi
per il mio incedere nel tumulto di brividi.
Scorrerti addosso…
e sono rugiada, sospirata da squame di sirena
e sei luce
cantata da un faro.

In silenzio, l’arcobaleno.