Il circo della farfalla

Nei miei occhi spettacoli di vario genere
aperti al pubblico senza sipari, atti circolari
col solo intervallo di secchiate d’acqua in terra
-tempo delle lacrime-.
Il circo irrompe anche quando non è giornata nè stagione
nella trama rimpolpo colori sui visi bianchi dei giocolieri
degli equilibristi, sforzati dalla calce con cui rattoppano la vita.
Spezie sgargianti spolverano la strada
la ruota di un calesse schiaccia e le rende vive
sui capelli al vento, lo stesso vento che rallenta e accenna
un rito primordiale tra conchiglie appese.

Di notte i miei occhi fuggono all’orizzonte
per essere accettati da un branco di solitudine
somigliano a noccioli cui strappi di dosso la polpa
marroni con accenti carminio.
E nel crogiolo del silenzio, lì è il fragore del circo
le mie ciglia si annidano all’alba
e da ogni raggio di sole tracima una farfalla.

Eccentrico

Incastrati
in una sensazione senza gambe nè braccia
senza distoglierci.
Due sedie ciniche, inservibili
così, gettati
a fondo di un pozzo che forse mai ha leccato
acqua, nè quelle piante da poco sole che gli crescono
tra i mattoni.
Distogliermi, vorrei distogliermi
da quell’unica, insicura uscita che si annuvola di fiere
ma ho un occhio solo e pure storto.
L’altro me l’hai trafitto
in un tempo confuso
di scintille.

Il varco

Pensa se la ragione degli alberi
non fosse il loro vivere, quanto invece
la pancia della Terra – Eterna Madre-
che in loro accoglie il seme di ogni stagione
e ogni stagione la partorisce lì
insieme a ogni sorta di uccello, insetto
che scavalla la corteccia solo quando è pronto.
Pensa agli alberi cavi
sbalorditi da un fulmine o nati proprio così
che fanno entrare pioggia e vento come una chiesa i pellegrini
e custodiscono i bisticci e la pace di due madidi innamorati
che nei baci riscoprono il latte della terra.
Pensa gli anelli sfilati al tronco
come il viaggio inverso che i miei passi fanno
lungo la funambolica vita
e scegli un varco con il soffitto increspato di resina
una goccia che marchi il tuo cuore
per sposarmi fino al cielo.

Il segno sul filo

Arianna
o come potrei chiamarti, se mettessi in fila
l’alfabeto dello stupore
lasci il segno sul filo di ogni mia risposta
insensata, tremante di meraviglia
per il tuo dito che si inerpica
su strade dimentiche di innocenza.
Tutto si esprime in accecante gioco
i tuoi capelli sul vestito rosso
grovigli di filo che sbocciano fiori
e la tua voce gira la stanza come una giostra antica.
Ti rispondo e mi ascolto
cercando nuove radici di domande
su cui soprassedere -ovvio-
per filo e per segno.

La notte di Assunta

Nel letto l’imene incensa
i profumi che rimandano all’amore
la sabbia rimasta sui piedi smagnetizza il suo argento
sulle mandorle spremute e godute tra i capelli.
Lampi, il cielo stordisce di fuochi
la finestra pullula luce come scagliata in un temporale estivo
e Assunta è già sotto l’arco
che separa la casa dal panorama
attonita per come il respiro del sesso possa essere così caldo.
I seni si vedono appena, scontorni alla penombra
e per un gioco artificiale ogni globulo lucente
sembra nascere da lei.
Assunta increspa la schiena
-sorride e ha i bividi, quando fa così-
poi tira indietro la testa
una stella goccia
e io scoloro tra i miei desideri.

Sfumature

Sfumo lo sguardo
dove il bianco scende al nero
dove il nero si amplifica in bianco.
C’è sempre un po’ di peccato
nel coesistere di colori opposti
nel fremere i muscoli quando i giorni ti vorrebbero composta,
ma chi nasce linfa predilige il futuro
scorre, realizza i sogni delle radici
nell’involarsi in rami
e respira come il cielo fatto abbraccio
nei dintorni del cuore.

Nella stanza 102

In quattro mura di rossetto rosso
il cuore stinge le guglie del castello
e i miei piedi non si allontanano dalle lacrime.
Il nocciolo del collo non germinerà la voglia di guardare avanti
finchè non busserai la parola magica.
Centodue volte
celesti, come ho contato il cielo
sotto cui l’amore non ci basta mai.

Una domenica d’estate

Nei passi raffermo
-un pane dimenticato al sole-
ti precede lo sguardo del tuo cane
nero, come la stretta della lava
per avvinghiare il mare.
Quanti ostacoli su cui inciampa il bastone
ma tu guardi avanti, al tempo che hai perso
e che è stato raccolto dalla memoria.
Ci incontriamo dove il cuore si affatica
nel punto di sutura tra discesa e salita
tu, gli occhi velati dal disincanto
io in andatura per non svegliare il sogno.

Il colpo in canna

Le stelle disposte a coro
dietro l’altare della luna
cantano la marea di una notte scoscesa
come la sabbia che si rintana sui piedi di quella donna immota
che ride tra i bordi delle onde
ride a braccia dilatate verso il cielo incredulo.
L’attesa della croce
dell’ultimo colpo in canna all’amore.

… schegge di salsedine.