La calza

Seduta al pianoforte
i gomiti tremuli guardano in terra
note che non hanno mai nidiato sullo spartito.
Sono la donna che ha attraversato i tempi
di molti uomini, incapaci smarriti indifferenti
alla mia fiamma che svelo di schiena
perchè non faccia troppa luce nè scaldi troppo.
Una candela vissuta a metà
flebile nelle notti ventose
che infilano perle di cera tra i seni
una candela vissuta a metà
stretta nel baluardo di mani senza coraggio.
Una candela vissuta a metà
sono questo adagio sui tasti
e la calza che si smaglia dal basso in alto
è il tempo di una vena nera
per entrare in circolo e smorzarmi.

Amaranta

Sole e nere le tue iridi
due pugni di pietra che strinano la luce
due soli neri a cui mi aggrappo
quando sento le ali in deriva sulle tue labbra.
Se Amaranta fosse il titolo di un libro
saresti un libro di geografia
saresti la geografia che ogni stella vorrebbe
per non perdersi.

In questo settembre

Ho espresso una stella cadente
e mi è caduto in grembo un desiderio
girandole di mare sui miei fianchi
hanno aperto la marea al plenilunio.
Dove grani di sabbia e chicchi d’uva già dolci
camminano verso l’autunno, in questo settembre
ho in serbo tra le ciglia milioni di stagioni
da brindarci ogni tuo sorriso
da stappare per ogni nostro bacio.

La luce di Venere

Salgo in macchina
salgo verso di te
verso il mare che è un bordo increspato
sulla sabbia in autunno.
Mi fai capire che è stagione per un nuovo albero
assecondo i tuoi baci infiniti di orizzonte
protratti fino al tramonto, che è solo un gusto
tra quelli che abbiamo assaggiato in questo primo giorno.

La luce di un peschereccio
anticipa Venere al cielo.

Il cielo più felice

Dietro di me il cielo
si colora di lenzuola innamorate
rimboccate nell’alba del nostro giorno.
E’ tutto un fluire di spirali allo stupore
mulini a vento in un adagio di salsedine
corolle che dileguano gli occhi verso la gioia
e il modo in cui mi guardi da lì
mentre ti sorrido da qui
è un viaggio giocato tra malizia e pudicizia.

Dietro di me il cielo, quello più felice.
Starò sempre avanti a lui, in un passo nuziale
a sposarci di musica e carne
a digrignare via tutto il dolore
che per lui va più che bene il passato.

Tutto d’un fiato

Amami
tu che non sai niente di me
il giorno e la notte, quante ore io pensi durino
il pranzo la cena
se mangio biscotti a colazione
se sogno nuvole nella schiuma di latte
o legga fondi di caffè.
Amami
che questo imperativo neppure lo so dire in sillabe
ma in verità poco mi interessa
perchè ti dico amami
tutto d’un fiato
col fiato che ansima.

Il tempo degli amuleti

Settembre ha il tempo degli amuleti
capaci per ore di stare in bonaccia
contrarsi a rito in pochi secondi
da non avere scampo il mio volere.
Le conchiglie si ritraggono dal mare
legate al vento ninnano auspici
ma quando il maestrale è in tempesta
mi involano la mente alla pazzia.
Allora indosso i vestiti di tutte le stagioni
anelli quanti i cerchi che un sasso fa sull’acqua
a passi scapigliati sparpaglio coincidenze
e nella notte le ingomitolo di lucciole.

Tutto vive

Tutto vive nello stato di foglia, stamattina.
Caduco
ciclico
per un istante immortalato nel guizzo di rinascere.
La pelle dell’acqua trasuda il fondo sabbioso
marinaia di indaco si prepara all’autunno
eppure imbatte le onde sulle caviglie
e mi tiene a sè.
E’ linfa il mare che livella la sabbia profonda
e lascia che il vento la scolpisca in superficie
linfa il castello giocato dal nipote
col nonno che gli incorolla il sole tra i capelli,
linfa il frutto carnoso nella conchiglia.

Tutto vive nel mio stato di foglia
-distesa verde
buca in inverno-
e io vivo di una piccola bocca
in cui transita il cielo.