Amore di seta

Non c’è più il male,
in questo tempo scarno delle tue sembianze
se pongo le ore nella giusta flessione
le lacrime tacciono
e il sangue la smette di scorrere controvento.

Mi chiedi come sia riuscita a trasformare questo amore in seta

sarò partita di notte, da lenzuola insipide
senza sosta finchè i singhiozzi allentano il respiro

e di giorno avrò continuato
con le nuvole la nebbia la rugiada, senza accorgermene
perchè di me sai che sono il moto perpetuo della passione.

Davvero, non c’è più il male
in questo amore di cui sono fatta, come potrebbe il male
sporcare la seta? E mentre il vento la dilata al cielo
corri da me e abbracciami, ti farò impalpabile al dolore.

Il papavero

Nei passi che respiro per arrivare
mi fanno sposa questi steli gocciolanti fino al ventre.
Riluce di rosso il papavero
così le tue guance, mentre le colgo di carezze
così la vita nelle ali di una rondine
che canta e conta la sua primavera.
Dovremmo essere cangianti e pronti a tutto
ma le tue dita sono sale e io ho un mare insipido tra le labbra.

Se mi baci le vene
tieniti saldo alla luna
perché mi hai appena fatta incantesimo.

I fiori caduti dalla luna

Mi sento piccola
un sassolino liscio nella mano dei sogni.
Poggiata sull’acqua
affondo tra nuvole di sabbia
mi adagio
e pettino i fiori caduti dai capelli della luna.
Non mi costa fatica
anche lei merita di vedere i sogni farsi petali e sostanza
per continuare a sperare.

Il sassofono

C’è un uomo che soffia sul collo di una donna
vestita di ottone si inarca tra i bottoni
parla una musica di mille monete

tonde come la mia emozione sotto le ciglia

e sciogliendo le labbra ai peccati
il rossetto mi finisce sui denti
le scarpe si gonfiano di passi

sgargianti come quelli che facevo da bambina.

Il treno sferruzza luce sui vetri
uno sguincio di rondini picchietta d’ombra i tetti

coniati con il viso del cielo.

Sulle tegole della mia schiena
c’è un uomo che soffia il giorno di festa
uno sguincio di rondini picchietta di voglia i miei occhi

coniati con il suo viso.

Morsi d’amore

La mia pelle si accalca
sui tuoi morsi d’amore smaglio
cellula dopo cellula, vena dentro vena
mi corrugo in foce.
Cosa te ne fai di me
granello di piacere che lambisce le tue labbra?
Le briglie sfuggono al collo
e tremo e mi conduci il mento al sole.
La mia pelle si accalda
dei tuoi morsi d’amore profumo
… e tu disseti.

Perché tornare?

Sentire la mia pelle farsi erba
e l’erba la mia carne, in questo peso sospeso
che scorro azzurra, tra filari di cielo e i tuoi capelli
appena innevati dagli anni.
Voci di clorofilla, labbra schiuse al latte
scontorniamo raggi e nuvole con sapienti limiti di dita.
Perchè tappare il vino rosso piegare la tovaglia
salire in auto, tornare? Anche se il viaggio fosse casa
indugiamo; sdraiati potremmo essere alberi.
Basta credere nelle nostre radici.

Indifferenziabile

Ho percorso in un attimo le tue carezze
vedendo questo guanto di plastica monouso
come il vento lo gonfia in cielo.
Carezze monouso, da un guanto di plastica
e penso che con la plastica ci asfissi le persone
i pesci in mare
la vita in genere e tutta.
Vedi, la bellezza di te
è durata un piccolissimo istante
ora sei in terra, un guanto floscio
calciato dai passanti
lerciato da un cane
indifferenziabile.

Ai bordi del bosco

Dalle tue braccia folli nasco albero
con la bocca fruttifico il cielo.
Sei sospensione di rami
domande offuscate
respiro alla fine di un bacio che indugia.
Lasci sempre a me l’onore di sgranocchiare la guerra
tendo tranelli da labbro a labbro
inciampi e mi reclini
ai piedi di ogni mia ragione.

La fisica dell’acqua

Cercavo l’amore
nella fisica delle gocce, come desse
forma all’acqua e da questa nascesse il mare.
Dal cielo dal vento dagli occhi
coglievo le stelle le vele, il piacere senza ritorno
incinta di luna imbrogliavo le onde
e con la marea ti parlavo di me.
Dalla riva ti ho sporto i giorni
di paure vittorie, frutti semplici
ma tra l’andare e il venire
questa sabbia se l’è presa il deserto,
lo zenith brucia
e i miraggi mi irraggiano.

L’attitudine delle spine

Il bocciolo sa che nulla è per sempre
apre uno spiraglio pei raggi affilati del sole
si predispone all’ora migliore, quella dei petali concentrici
così stretti tra loro da fare pulsare la linfa.
Il vento è l’improvviso
una carezza che aggiunge vita al sentirsi in vita
rimpolpa le spine come la pancia di piccoli cavalli meccanici.
Il vento ninnola parole arcaiche
terra fiorente su cui il fiore correva
nel tempo delle sue gambe carnose,
il vento carezza e stringe a sè
l’attitudine delle spine.
La prima mela cade e si spezza, bacata da un teschio
tante altre immagini di distruzione
accelerano gli occhi
finchè il vento liquefa in goccia di sangue.

Un petalo la copre appena.

Il bocciolo sa che nulla è per sempre
ogni colore riprende il suo trono
la rosa schiarisce nel corpo di donna.