Motivazioni ad alcune poesie premiate

COME ERI VESTITA? – 3 maggio 2019

È l’indifferenza e la superficialità con cui si apprendono certe brutte notizie, a colpire maggiormente il protagonista della storia: “I vostri occhi sono serrande aperte e le domande fanno troppa luce”, leggiamo nella chiusa del testo. La poesia è anche veicolo di denuncia, e in molti casi la forma artistica riesce ad evidenziare appieno la brutalità di azioni e di episodi davvero scabrosi, pur mantenendo alta l’esteticità e, come nel caso di questa poesia, la liricità, la melodia del canto.
L’autrice di questo ottimo componimento ha infatti saputo ricostruire il quadro di una brutale violenza su una donna, descrivendone i passaggi con parole ed espressioni fortemente poetiche, con un buon uso di metafore e la giusta dose di ironia (come volete che fossi vestita?…).

MAGAZZINO DICIOTTO – 1 settembre 2018

Si tratta del brano poetico di profonde emozioni e sentimenti che si avvolgono nei ricordi e che cercano di ritrovare il loro spazio nell’oggi. Gli oggetti accolti dal “Magazzino diciotto” risvegliano tracce di un passato atroce, da voler dimenticare, ma ciò non è possibile poichè in ognuno di noi è contenuto il riferimento alla disperazione: “quattrocentogrammi di chiodi”, quasi fossero l’esiguo peso del dolore che evocano. Il chiaro riferimento al periodo delle Foibe citate nel titolo, trasforma la poesia in testimonianza delle sofferenze di persone che non ci sono più e che forse ritroveranno “nella stretta di un bambino a un fiore” il loro riscatto. Nella poesia, I richiami alle sofferenze subite si legano agli “affetti da imballare” lasciati dietro di sè, in un crescendo di speranza che riuscirà a manifestarsi nel momento in cui “l’anima tornerai a prenderla… quando il cielo sarà ruggine di chiodi”. In questo modo, la parola assume un elevato valore in quanto dettaglia, con stile innovativo e metaforico, lo sviluppo di significazione degli avvenimenti narrati.

MAGAZZINO DICIOTTO – 28 luglio 2018

Scrittura ferrosa, ma priva di ruggine, affollata di sensazioni da mettere in ordine in un magazzino affollato… Versi che pesano 400 chiodi, ognuno regge una parola, un sentimento, serra una porta o una finestra, a volte cercano di inchiodare il tempo, ma si sa quello non si inchioda come una zanzara sul muro, ed è li che arriverà la ruggine…

LA CASA INTORNO AL VASO – 25 ottobre 2015
Versi lunghi, meditati e profondi e metrica attenta alla dimensione ritmica di importanti cadenze espressive, arricchite da un linguaggio metaforico e allusivo, in cui emozioni e sentimenti si sprigionano a ritrarre profondamente un’anima ossimorica, fatta di delicatezze dolci e vaghe e di spregiudicatezze estreme. Il tutto è arricchito da un sorriso, in cui un tocco di ironia sa albergare con dolcezza.

LA CASA INTORNO AL VASO – 1 agosto 2015
Un dolore a passo di danza, un equilibrio che, proprio perché tale, rende uno spazio amniotico culla e prigione del corpo, che tutto sente, che tutto sa, tutto esperisce.

LIBERA, COSI’ – 10 Maggio 2015
Scene che sorprendono, pur frenando l’impulso ad arrischiare libere interpretazioni. Ci sia augura che si tratti solo di fantasie, di sogni, per i tratti di sofferenza che contengono.
Si tratta di versi con caratteri decisi, marcati, che lasciano poco spazio alla speranza di una soluzione liberatoria. A soffocare il desiderio di libertà, si ergono barriere insormontabili quali il vetro oltre il quale ‘vociavano le stagioni’, la ringhiera ossidata che limitava spazio e tempo, il muro a secco le cui irregolarità stimolavano fantasie anatomiche.
Ultimo passo per la libertà tanto agognata sembra consistere nello spogliarsi dalle catene della vita.
Incisiva opera dagli sfumati chiaroscuri, evocazione di istanti lontani di struggente sensualità.
Progressiva focalizzazione del contenuto. Successiva presa di coscienza, durante attese desolanti di un percorso non definito, nella solitudine della sofferenza.

AI PIEDI DEL MARE – 4 luglio 2015
Di andamento circolare è questa poesia, in cui l’Autrice, metaforicamente imprigionata sulla riva del mare adirato, subisce, nel corso di meno di venti versi, una mutazione da persona a cosa (anzi, di cosa solo un frammento). Un pessimism dichiarato con aria di “nonchalance”, nell’originalità dei fatti e delle metafore. E’ una situazione senza uscita, perchè l’interlocutore è assolutamente indifferente all’accorato lament. Tra versi lunghi e brevi, si evidenzia la genialità dell’opera.

LA PESCATRICE DI NUVOLE – 11 aprile 2014
Con un linguaggio da invettiva contro le assurdità del presente e della società, accompagnata da un linguaggio forte ed amaro, la lirica ostenta le diversità della gente. Dice la pescatrice di nuvole: le mie ali “sono due mozziconi aggrappate alla schiena…per i miei stracci sono regina…e voi che gettate le nuvole come fossero avanzi in agonia siete piccolo cosa;” mentre lei, lei sì che è gran cosa, perchè le nuvole le riempie della propria essenza. Viene assegnato all’unanimità dalla giuria il primo premio assoluto per la sua categoria per l’originalità delle metafore, perchè la poesia è ben costruita e incisive con un notevole fluire tra i versi.

OGNI TRAMONTO CHE RESTA – 11 aprile 2014
La lirica propone il sentimento dell’amore filiale che, come ogni tipologia d’Amore, a breve o lungo termine è timoroso d’una perdita. Si descrivono con delicatezza piccolo particolari del soggetto amato e la tenace volontà di mantenere col senso della vista –“stringo negli occhi… serro le ciglia” – il senso del legame col padre che tanto ha offerto di consolatorio con la presenza, la voce, la disponibilità. Mentre ancora si va gustando – “ … sulla tua spalla…alla tua tempia” – la fisicità della persona amata (consci di attendere un soffrire che il tempo ci infliggerà) lo si sublime anticipatamente nell’attimo presente, con attenta volontà di sospendere l’ineluttabile.

ORIGAMI – 27 settembre 2014
In questa forma breve e leggermente ermetica si racchiude il senso profondo del volare alto in poesia. E’ un’arte creare origami con le parole che intrecciate alla sensibilità del poeta si schiudono in ogni forma, in ogni tempo e danno forma ai sogni.

OGNI TRAMONTO CHE RESTA – 9 maggio 2014
Ci sono moltissimi modi, anche poeticamente elevate, per descrivere la figura del padre o, comunque, di una persona molto cara. Il rischio, come sempre, è quello di sconfinare nella retorica per la sovrabbondanza di emozioni e affetti troppo coinvolgenti. La fortuna della poesia, in questo caso, è quella di sfiorare semplicemente l’argomento, pur andando nella profondità del sentiment, perchè si possono usare registry e modalità espressive stravolgenti e coinvolgenti. Anche qui, in questa bellissima poesia, l’autrice dimostra di possedere, oltre all’evidente illuminazione ispiratrice, una forza espressiva notevole, ricca di immagini originali, di figure retoriche indovinatissime come la sinestesia (il profumo delle passeggiate, il sobbollire delle rughe) e di una struttura poetica robusta e convincente. E’ un accorato e nostalgico sussurro rivolto al padre, la cui fisicità ormai tarda risulta però essere pari ad un baccello contenente il seme d’uomo, di marito e di padre, per un future che sconfigga la clessidra del tempo che fluisce ineluttabile.

INDIZI DI TE – 13 aprile 2013
Si vorrebbe cancellare un ricordo, un contrasto alla necessità di una presenza effettiva, cercata affannosamente nell’aria che avvolge una profonda solitudine. Nell’attesa di un ricongiungimento, desiderio che rimane improbabilità, sembra dissolversi un rammarico definitivo, mentre le tracce della sofferenza rimangono indelebili.

OGNI TRAMONTO CHE RESTA – 7 dicembre 2013
Gli affettuosi rapporti con il padre…con nenie, passeggiate…abbracci, non sono stati dimenticati ma continuano a vivere nella mente dell’autrice e la riportano alla fanciullezza. Ancora oggi vorrebbe rimanere tra quelle braccia possenti ma delicate e sicure. Semplicità e delicatezza rendono la poesia efficace.

L’INFINITA DANZA – 29 ottobre 2011
Con la splendida immagine del laccio emostatico, posato sugli occhi dell’amato per imprigionare il dolore, si chiude questa poesia d’amore mai scontata, che non cade nella pericolosa stucchevolezza e retorica del tema trattato. Un inno in cui l’autrice vuole proteggere il proprio amore e il proprio amato, come a scacciare le insidie di un tempo che fugge e che, soli, non è possibile affrontare.