Freedom

Pertugia luce
dal maglio che sgrava il petto.
Libero il respiro
l’ossigeno rimpolpa le labbra in un sorriso
e i denti non sono più le sbarre dell’ergastolo che mi confidasti
-macchia d’olio, a percolarmi-
ma finestre pronte all’aria
della primavera che ho in mente.

Delusione

Tutto corre
senza il tempo di scorrere
per lasciare una traccia a direzione
punto di incontro
ripartire.
Tutto è scontato
senza essere tempo di saldi
il coraggio nei cesti delle offerte non lo trovi mai
è la taglia che va via prima, anche dalle spalle
sfilacciato per lucidare una sputacchiera
rabberciato in cintura per coprirsi il culo e non pensare
che la dignità degli altri è un attimo che alita ghiaccio
e lascia senza mutande.

Il frinire dell’eucalipto

Cicale assolate
scortecciano il pianto
per cui raffermo il passo e abbraccerei
la mestizia dell’eucalipto
nel vedersi un braccio spezzato ma che non cade
a sentirsi dissalare la linfa in lacrime malate
che non sfogano le intemperie dell’animo ma stanno citando in perpetuo la fine.

Viscere

Un taglio sottile
dalla gola ai piedi della mia schiena
indici ai bordi del sangue
pollici che fanno della carne uno scricchiolìo.
Non è così che si apre uno scrigno
gridano le mie vertebre ai tuoi occhi
non è così… e sbocchi la mia serratura.
Mi ero fatta pesce
per stare pronta ad ogni tua foce
senza pudore hai tolto cuore
polmoni inventati per respirarci di baci
seccate le iridi per essere olezzo.
Staccata la spina
le squame luccicano ancora
ho forza di appenderle su un nuovo cielo
che non ricambi il tuo sguardo.

Libellule rosse

Planano l’azzurro
libellule rosse
con un sorso le tue guance tracannano ali
e so che anche i luoghi del tramonto
ti appartengono.
Hai voce assorta, ciglia messe all’angolo
per osservarmi sul ring
ma tendo a te con un filo di mani spoglie
correggo l’addio in arrivederci
come il vento sa con un soffione, una foglia o una libellula
spazzargli via la morte in punta d’acqua.

Trova le differenze

Due treni
un camion
carrarmati

lamiere
lamiere
lamiere

sangue sugli ulivi
sangue sulla passeggiata
sangue armato

cellule
cellule
cellule

quanti errori
quanta premeditazione
quanta ideologia

il giornalista titola l’articolo ma è già un superato
lettere che soppiantano lettere nei banner di ultim’ora
e ogni anagramma della realtà è la violenza.

Il temporale

Ti avevo chiesto di non avere paura del temporale
chi scrive la vita lo mette all’inizio
in modo che pochi chiedano udienza al lieto fine.
Ti avevo chiesto di prendere la scala
sapevo che l’ombrello stava nello scaffale più in alto
ad arrivarci senza ti sei ferito il viaggio
e i cocci in cui si è rotto mi hanno annichilito il cuore.
Ti avevo chiesto di scavare il fango
solo se ne tocchi la profondità potrai piantarci una stella
ma al primo tuono hai tremato e pianto
rannicchiato a non lasciare tracce.

Ti avevo chiesto
non hai ascoltato
se non il temporale.

La speranza

La speranza è il cibo che porto alla tua bocca
è forza da movimentare verso ogni cellula
a fare del corpo un ponte di ascolto.
Dovrebbe essere più diffusa dell’aria
va bene in tutte le stagioni
non vuole fiocchi nè feste comandate
la speranza è Dio che si rimbocca le maniche e agisce
è una stella che cambia la sua lampadina
perchè tu la veda meglio, è l’utero che segue la luna
è un viso che intuisci su spalle già voltate.
È quel dito che asciuga lacrime e ti rimette in piedi
è tutto quello che c’è prima del punto.

Sarai libero

Le tue catene, lunghe quanto mesi
coincideranno con l’evolversi della luna
e sarai libero, in un atto di marea
di tendere ad arco la mia testa
così da ascoltarti gemere il monologo d’amore
così da perdere la rosa dei venti e non capire più
lo stare in piedi.