Di Letizia

Intuisco
-sussurrato- il nome
sbagliato intercalare
punteggiatura di bestemmie.

Intravedo
stoffa tesa sopra pelle attillata
grinze di una corsa
rattoppata con la maglietta bisunta di tuo padre
coi fiori che mai tua madre dal vestito colse.
Scappi
e tra le mani la cattedrale di pixel
effimera il buio. “Vado a prendere un gelato”, strepiti
più forte delle ruote che ti scorrono accanto.
Non sei sul passeggino
delle trecce rimasta è solo l’incuria dei nodi.

Ti intrattieni con il primo lampione
malfermo in luce.
La fronte aizza il nero
di Letizia
neppure un gesto nel volto
hai.

Non scordo

I colori della pietra mi sciolgono i passi
e il diaframma è un grave che un poco ansima
nel rotolarsi a valle del ricordo.
Quanto dappertutto sei
oro colato da occhi di ulivo
pungenti e selvatici frutti
a bivaccarmi in vena.
Non scordo
che le spalle servono a confinare il passato.
Non scordo l’istante che fa di ora
il rimedio che va bene per tutto
quando mi abito e risuono vuota.

Della rubata mente

Corrono i pensieri su volute di mattutina stasi
spalanchi gli occhi con le dita
a fare asciugare lacrime dell’ anima.
-crepacci a fior di pelle
e trema l’asfalto della cripta.-
Un capello è piuma della mente
tanti i tuoi angeli, caduchi nella trottola d’acqua.
Tutto sgorga
voglie e bottoni dalle asole.
E quel filo d’oro che si aggrappa al colletto
ancora non sai se chiamarlo asfissia
o col mio nome, mentre rubo la mente.

Luce dallo scuro

Barche di luce
beccheggiano al confino degli scuri.
Inclino l’orecchia sull’attitudine al pensiero
ascoltando gli uccelli
suggere il buono nel vento.
Il mio tempo è servito
a tarpare la necessità di migrare l’anima
nel ricordo più accogliente
ora che ho domato l’equilibrio nella pazzia
riesco ad intagliare il buio
e non soddisfare i bisogni della speranza.

Il sempre nel niente

Avrebbe fatto il sorriso
una ghirlanda di lettere
nel roseto delle attenzioni
e quel baciamano sarebbe profumato ancora
non però di incenso ma come qui in ascolto
della cremazione di impronte.
Sottratte le ossa
per sostegno al mare
sei affogata voce di questa conchiglia
che mi inciampa addosso senza stupore.

Il sempre nel niente.

Crisi

Angelo disilluso
bisogna che strappi le piume
perchè agogni un futuro di volo.
Tra le nuvole ad inumare gambe
raschi il fondo del cielo
asciughi un’aurora per mangiarci fagioli.

Secretly

Esprimi i tragitti
del bianco fuggente le iridi
la pelle è il collasso di cieli, nel contare pori.

Comprimi dita
a carezzare la costellazione
che auspichi al mio divenire
la sola per cui genufletto articolazioni
e affanno organi in note di cupidigia.

Imprimi creazioni
allacciami il deragliare con bava di stelle.

Appesa e sfinita
gemo sui desideri il lembo di un sorriso.

Sento le vene inculcate di scie.

Segregata

Urla la porta
schianatata sui cardini
starnazza il cemento
come cartone da rattrappire.
Solide imprecazioni
sibilano nel morso di saliva
gli occhi digrignano
ti accusano madre
sviliscono il fiore
più sgargiante che hai in balcone
repentino autunno
tra le foglie di un solleone.