Straniera

E’ uno il tragitto
due i piedi.
Muta il corpo della terra e la pendenza
le mura del percorso,
chi incrocio veste panni diversi
piovuti da fili stesi alle sponde del cielo.
Sorrido, e sempre -dannazione!-
non è vero che ho labbra a forma di cuore
invece ho un cuore innestato in faccia.
Si raggruma pei pensieri bui
tumefatto agli schiaffi manifesti
e pure a quelli per sentito dire.
La scala dei compromessi
è divelta nel fuoco acceso a casa mia
me la passano ogni giorno
ogni giorno piago le ossa
non cedo e scaldo
la straniera e la stracciona che sono.
Gli abiti che sono maschere
non mi sporcano di stoffa.

La fata bagnata

Lascio che dicano di un cuore
nel dilatare le ali
ancora di più sotto la pioggia.
Patina e grinze
nullatenenti biascicate sull’asfalto
le aiuto a deambulare
tra le movenze di una fetta di pane
un’ala che ha saputo soffrire
e che ora vado ad offrire.

Lezioni di piano

Percorro il mare
appena sopra la sua acqua
e la mente va diretta all’arsenale di ricordi.
C’è pericolo
ogni volta che mi ostino a far luce con scintille
…deflagherò di passione, lo so.

Un tarlo mi attraversa
non sei mai bestia feroce
ma quel fastidio che sa centellinarsi,
pugnala e si alimenta
si alimenta e pugnala.

Non mi piace il mare
non capisco come possa piacere
la sostanza di cui sei fatta,
come possa piacere agli altri
se tu per prima la denigri e rendi inospitale.

Oggi, pure
sono mare inospitale.
Sollevo a schiaffi di sale
la pelle di un pianoforte che era stato portato assieme ai sorrisi,
rendo sdrucciolo l’appoggiarmisi
di una bimba che sembra conoscermi ed amarmi a prescindere.

Quanti uomini hanno invertito
tasti, per suonare alchimie invece che fiabe,
quanti hanno disseminato gomene a impiccarmici i piedi.
Un quanti di cui ho perso le dita.

Non ci sarò,
all’accadere della prossima volta
non starò in me.
Guardate avanti
al mio panorama.

La mia emozione

La dea Realtà
veste un peplo di latte
e brumosa si incanala tra le ciglia
quando lascio andare il cuore alle onde.
Le cadenze dei colori
dissacrano senso e ritmo
come forbice che mentre taglia, ride
e scampola il Tempo in fattezze mai uguali.

Piangere di Bellezza
fa nascere in altro.

D’improvviso

Irrompi
in persiane appena svegliate
disallineate tra socchiusi sbadigli.
Arriva la terra
spiaggiata su atolli olfattivi,
passeggia sulla ringhiera
il cinguettio di gocce.
Sempre e stavolta
sei fuori tempo massimo
per meritare retta
di sguardi e ascolto.

Ancora…

A nulla valgono i morsi
che aggrappo alle gambe,
desto la lingua eppure non mi appartiene
continua a nutrire di pioggia
le tane di quanto mi fai soffrire.

Dissenso di sensi

Questo giorno ha fatto abbastanza
-non dico male nè bene-
a cucire i ricordi come funzioni continue
nella stasi che pure c’è e nuota
tra cascate irriverenti di ore.
Dissennati i sensi
hanno speso tutto al bar della memoria
cosce cafone e sigarette in coma
non riesco più a redarguirli.
Cosa
-maledetta cosa-
devo o vuoi?

“Chi c’ha il pane”

Ci vuole fegato ad avere il pane.
Bipedi in batteria
poppiamo dal cielo
sorte e tempo
buoni o cattivi che siano.
Il pane chiede denti
chiede dita che lo plasmino e lo offrino per cura.
Non c’è sforzo nelle radici
gengive e palmi ci nasci.
Non c’è sforzo nelle attitudini
ma la vera perversione è che
con le abitudini ci nasci.

La ballade de pendue

Sospesa.
O forse no.
Così mi ha fatta scoprire quel bacio
colto nella mischia di labbra
sentito come il fragore del temporale che si incanala nella saliva
senza mai rasserenarsi troppo, e stando sapido.

Appesa.
O forse no.
Così mi ha fatta trovare quel bacio
che fu solo nella mia testa
spezzata ad una corda di intenti
ho provato a spiegarlo al cielo
eppure sento solo i palmi parlarsi negli occhi.

Non so
a che latitudine del pavimento mi trovo
in quale mia stagione ti sto girando intorno.