In grado di amarmi

Sono in grado di amarmi
con ogni alfabeto
a caratteri letti o dettati
su pagine di righe o quadri
da destra a sinistra quando mi rintano
dal basso in alto come va la gioia.
Vorrei mi amassi con diversa sintassi
corsivo stampatello, tratto mancino o destrorso
e ciononostante stessi ancora in tema
che in tempo lo sei sempre
e il sempre non te lo dovrei.

Il codice della memoria

Si era come fili d’erba
quando per sbaglio ci crescono in mezzo le rose
che strappi e rimangono le spine
il limite dietro cui stare.
Quell’uomo non sa di avere ancora gli occhi
ha perso i sensi e il nord della sua vita
in piedi in fila in codice
lui e quegli altri valgono quanto le righe di stracci.

Quando ricordi, seduto in poltrona
si è come fili d’erba
a destra e a sinistra lo spazio rimbomba
di tutte le ombre che cercavi per nome.

A macchie di lacrime ma sei ancora in vita
ascolti chiamarti e il polsino rivela
il codice della memoria
l’ultimo numero che contasti
dai lividi in cielo
quel giorno di comignoli neri.

Una poesia oscena

È una poesia oscena
di unghie corte sulla schiena
questo fiore di loto che profuma di lenzuola
sfatte
e noi a galla, tremanti colli al cielo
chissà se sta piovendo l’alba
se la luna arrossa un ultimo respiro
prima che scenda la pace
con te a segno di croce
tra le mie piume di pece.

E se domani

Non c’è giorno che cominci
senza il mio padrone
i suoi occhi sono due tizzoni
ai bordi di quest’alba

mi porta in campagna
apre la portiera
ho il guinzaglio lungo
fin dove arriva sera

mangio i suoi avanzi
la groppa curva al sole
mi chiama con un fischio
non si ricorda il nome

posso pisciare
senza allontanarmi
mi chino e mi scappa una canzone

chissà se domani cambierò
e inizierò a latrare.

Vestirai il vento

Ti arriverà il rosso in gola
l’arsura di me a gambe accavallate
su quella sedia che si dissolve
fra i titoli di coda.
Arriverai
quando leccherò le briciole della festa
dalla tovaglia sporca di vino
e mi troverai nuda, in diluito affanno
sotto le pieghe del bicchiere.

Proverai a toccarmi
con quell’indole per cui ti ho amato.
Ma vestirai il vento.

Appena posso

The caffè
una tazza una tazzina
appena posso le avvicino
per stare insieme me con te.
Tolgo dalle nuvole
i venti di tempesta
appena posso li soffio in un’unica luce
che innaffi la rosa e i nostri baci.
Il pranzo la cena
i giorni, l’amore
appena posso li scrivo
in una pagina che sta per staccarsi
e non faccio in tempo
che già alza un angolo, pronta a volare via
tra i riccioli delle tue carezze.

Sottocuore (Asperger)

Nel mio mondo, sottocuore
decido io come fare andare le cose
i suoni che colorano un disegno
i colori che parlano per me.
Se il foglio è a quadri o righe non mi interessa
gli spigoli li arrotondo in un cappello magico
li faccio diventare i muscoli di Ercole
o gli occhi del destino.
I pastelli sulla carta
hanno il suono del vento
quando entra forte nella mia soffitta
e mi dà una pacca sulla spalla.
I pennelli invece fanno
la voce sottile ai fiori
e spiegano ai mantelli
come essere coraggiosi.

Ogni bolla di sapone
prima o dopo atterra
e in bocca il cioccolato
si scioglie prima che l’arcobaleno

allora mi alzo in piedi
tolgo il tetto alla soffitta
incrocio righe e quadri
in una vela bella dritta.

Non so se rimarrò sul ponte
la gente potrebbe non capire
perchè in cielo appendo un foglio
e ci ricalco il sole

meglio farlo nella stiva
sul tavolo di legno blu
srotolo righe e quadri
del mio mondo, sottocuore.

Il palloncino

Saliscende il vento,
nel sottopancia della lingua
una musica di giostra
ripara dal freddo i cavalli a dondolo.
Palloncino
hai il viso di me bambina
davanti al sole o in terra
sei l’unica ombra che dia luce
ora che rimbocco il cappotto
una volta in più sopra al cuore
e una lacrima brina
se penso che bastava un filo
per farsi stare vicini i sogni.

Potente luna

Immagino su di te
lancette al contrario da questa notte appena iniziata
e io che mi lascio battezzare
dalla tua chioma albina
lucente, nel cielo muto.
Sulle tue guance rotonde manca uno spicchio di tempo
tempo che non avevo chiesto
di promesse mai mantenute, piccoli tagli cesarei
senza che la pancia fosse feconda.
Quanti giorni trafugati ai tuoi giorni
porzionati come fette di torta
da far sbranare alla mia bestia famelica
e chiavi, quante i tuoi crateri
dove la bestia riposa
fino alla prossima mattanza.
Ruggine, sul pelo di un cane
a passeggio da solo
ruggine sui latrati di chi vomita l’ultima cena
di chi gli si spegne la vita
ruggine forse su questi lampioni
luce che smorzo un passo dopo l’altro.
Melanconia, malinconia
chissà se significano la stessa cosa
mi chiedo, ma sulle spalle so che vestono uguale.
Poggiata alla macchina tutto profuma
qualsiasi proposito idea convinzione
è come osservare una madre che allatta.
Allora rimango, pure nelle gambe stanche e umide
a guardarti, potente stupore
in un azzurro a giorno.