Il Monolito

Mi staglio
lucido di luna
irrompo tra meridiani e paralleli.
Per me le scimmie si ammazzano a colpi di ossa
e il futuro non sa chi io sia.
La prima pietra, la chiave di volta di un mistero
mai smussata da un’alba nè da un tramonto.13054683_10206278736349281_722327005_o

HAL9000

E io mi vedo
per quello che tu sei
commetto errori
provo emozioni.
L’occhio non è rosso di lacrime
ma come le labbra che ti leggo
e che vorrei fossero
conflitto con l’umanità.

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Riverberi di noi

 

Il suono punteggiato delle gocce sparpaglia la terra
e freme il vento
con le tue cicatrici in pugno
fino sotto la mia finestra.
Che promessa vuoi
neppure so quando smetterà di piovere
e nessuno è mai vissuto abbastanza
per dire che il sempre non finisce mai.
So però di una storia
il male che resta secca al sole
non avrò fatica ma tu carezzami come a esserti luce.
Distilleremo fiori
in alcova sul mio ventre
saranno l’intarsio più profumato.

Damasco

IMG-20160517-WA0000E’ uno spiraglio
-poro in luce-
il bacio che sgretola la guerra
con l’assioma per cui nulla di mortale
può sopravvivere e scorrere dove il cielo si innesta
a damascare gli amanti.

La prima goccia

Sibila terra
aperta al cielo
questa pioggia che freme
sullo scoglio di un tuono
mentre socchiudo le narici a fare più forte lo stupore
di come io ti paragoni alla prima goccia
che assaggia e mette in musica
il mio diluire.

Il bacio dai petali rossi

La città corre
di macchine e appuntamenti si lavano le strade
il vento altalena speranze all’incompiuto
e il nonostante esiste, così come è bene che dopo
tu ci metta il tutto di un bacio.
Non sono spore
quelle che mi alternano i capelli alla voglia di farmi leggera
ma le tue dita, su cui architetto l’ingranaggio di petali
per cui tu mi sfogli e io smarrisco i limiti
di ogni mia natura.

Giovedi

Aspettarti
col vento che si fa osmosi per le foglie
e le accorda fino allo stremo delle nuvole
sfocate, uggiose per questo maggio
che ti somiglia in impeto e profumo e dissipa nei miei occhi
scegliendo il sogno che più gli va.

Anche se

Corro anche se
le spine mi spolperanno i passi
finchè -in ossa- mi conficcherò nelle suole
e solo allora troverò radici e origine
con te proteso a bocciolo
a guardarmi
mentre rugiado.

Non più

Di te non più lacrime
da strizzarci un cuscino
nella notte che non asciugava mai.
Di te non più parole
per usurarmi la gola, senza riuscire a farne eco
da allacciare ai tuoi giorni.
Di te, di te
neppure un grano del rosario ci perdo più.
Nella mia preghiera
sconsacrata.

Il papavero

Nei passi che respiro per arrivare
mi fanno sposa questi steli gocciolanti fino al ventre.
Riluce di rosso il papavero
così le tue guance mentre le colgo di carezze
così la vita nelle ali di una rondine
che canta e conta la sua primavera.
Dovremmo essere cangianti e pronti a tutto
ma le tue dita sono sale e io ho un mare insipido tra le labbra.
Se mi baci le vene
non chiamarmi strega
perchè sei tu a farmi incantesimo.