A modo nostro

Ho voglia di giocare a modo nostro
soffiare cubi di sapone
col ridere smussarne gli angoli
e farne bolle, ingiù i piedi
per saltare alla corda
tracciare gessetti intorno alle pozzanghere
chi ha dettato che per giocare alla campana
non ci si possa bagnare?
Sgravare la forza di gravità, ogni forza
da ciò che gli altri contano di vedere
a modo nostro fare del gioco una faccenda seria
e mentre loro guardano
provano a capire
… andare via scherzando.18581540_1302048909850443_5862569300271364731_n

 

Una volta all’ora

Una volta all’ora
acchiocciolo le tempie alle ginocchia
e con le braccia strette alle gambe
aspetto un respiro di aria nuova.
E’sufficiente che le nuvole
svelino l’arcano con cui fu dipinto il cielo
è buono se il vento rafforza le mie narici del tuo profumo
ma sai che perchè io torni eretta
l’ottimo è dei tuoi baci sulla mia aura,
una volta all’ora
un’ora alla volta.

Incavi nell’alba

Ti ho sognato
scoccava tra le lenzuola il sentore dell’alba
specchio di bellezza sulla lacrima del sonno.
Il tuo viso, le mie mani a petalo
ridevi di un nocciola fulgido
simile a un frutto poderoso di linfa.
Inebriati, per quel tempo finalmente nostro eravamo dettagli
accadevamo scorrevamo, ripetizioni di poco conto
per le nuvole sopra di noi ma tra di noi essenziali,
due incavi onirici che fanno mano
e pugno, quando le ore svegliano
perchè è tardi.

Il viandante

Ti posso aiutare
facendoti trovare il mio corpo
forte, vertebre alle quali poggiarti
come sul tronco di un albero temerario,
muscoli per fare accoglienza
alle necessità del riposo, mente su cui adagiare
la mappa del viaggio.
E il cuore sempre fornito di caramelle rosse
così, mentre ti bacio
un battito scarta
e sei di zucchero alle labbra.

Sul mio seno

Col petto che dilati per vestire la mia schiena
gira, di respiro, le parole arruffate.
Contano le pagine, i pigmenti che le solcano
noi sulla prua con le onde nelle iridi
circumnavighiamo il dolore del sale
che pure conserva e rimargina.
Narrami il mare, saprò farlo tornare indietro
e quelle lacrime per cui tu dici che da lui provengo
saranno rugiada sul mio seno.

Una poesia terrena

Chissà se ci perdonerai
per le nuvole di miseria umana che ti insozzano il viso
per l’avorio che si frange in sangue
su chi lo indossa e vorrebbe il tuo pallore
chissà se hai ancora il cuore calpestato
o hai cancellato i torti con un gesto di stelle.
Fluiscono domande e insieme al poco vento
ti confido una poesia terrena, che sparirebbe
se la appendessi nel tuo armadio indaco. Pochi versi
liberati quando inclino la tempia al mio amato
in un tempo non ancora per noi.
I fiori suonano di campane a festa
mezzanotte è una fiaba di speranza.
Ora è il giorno perfetto per tutto
fuorché per la realtà.

Da quanta terra

Il sole scontorna il tramonto
sulle dita si inchina la luce
effusione al palato dei nostri baci.
Da quanta terra ti ho aspettato
coltivata a ricchezza povertà e maggese
fino ad assaggiarmi le ferite
con in bocca la propensione alla scoperta.
E nel vincolo delle labbra alla pelle
trovare noi a scavare già insieme
insieme annettere le mani all’infinito che si rinnova.

(la distanza più breve è lo sguardo della terra al cielo)

Di maggio

Per ogni maggio c’è una danza dei campi
che rivolta le zolle al benestare del cielo
dove la terra è colore primario
senso inesplorato, lì affondano gli steli
e lei inarca di anatomia
accesa ma vigile beve i semi
si rimpolpa di pioggia
nutre il vento in spore, capezzoli nitidi e spumosi.
Ogni maggio mi precludo al resto
danzo la terra nutro il vento
e ti aspetto
radice, corvina destrezza.

Tu Sei

Nel momento in cui il mondo si sfalda in volute di terra
e mi barcollano gli occhi per cose labili
nel momento in cui i brividi piluccano ogni vena
perchè sazi dei miei organi e il sole è una vertigine di vita
solo allora nasce il verbo che ha per voce l’essere,
la seconda persona singolare,
solo allora Tu Sei.

La tua sostanza

Scendo nel cielo a passi umili
profumati di un prato che aspetta le mie stagioni bambine.
Scendo ma traspiro
nel soffio che sorridi sotto la mia gonna
i piedi messi a vezzo e sono nuvola, a galla sulla tua sostanza.
Scendo ancora
nel verde di placate acque stendo i petali
un abbandono alle tue braccia
nel farmi ninfea, a galla sulla tua sostanza.
Giù… nulla è più fondo del sogno
quando non tocco il pavimento.
Dove…
sei…?
Annuso pareti incestuose di caldo
in cerca di come guardavi l’amore.
Ho vertigini lungo i polsi, in circolo
la malattia di un precipizio.
Respiro, digrado
a galla sulla tua sostanza.