Bruma

Risacca di legni
il mare fluttua solfeggi
sulla mia sponda che ascolta il vivere
delle altre cose e assenta il mio
dentro questo attimo gutturale
di onda appena inghiottita.

Adoro

Cornici a riflesso
specchi dai rami
raggranello infrazioni di luce
per schiudere nuvole.
Sento respirarmi il cielo nei polmoni
stilli, e ti adoro.

Mi rivedo

Scollamento dell’acqua alla pietra in cui rifrange
in quel tempo, mi rivedo
pensarti come impressione
di vento che mi bisbiglia sulla guancia
il ricciolo inventato tra i capelli.
Le cose che non hai potuto sapermi
le racconto al fruscio di gocce
che smuovono l’arcobaleno.
Avrei dato le mie forme
ai gradini e il mio ascolto si sarebbe accoccolato
se tu avessi potuto suonare
ogni colore
come un’arpa.

La bustina

Te
sei una tazza
fredda, precipito rabbia e lacrimo fumo
al tuo abbraccio.
Te
sei una tazza
sbreccata, sfrido e macchio la mia acqua
disciolta non faccio mai la crosta.
Te
sei la tazza
dell’ascolto, assecondo morfologie
e non temo l’aspro.
Un poco di miele
-abbi premura-
almeno sulle labbra che mi avranno.

Il ratto di Proserpina

Tra due parentesi di onde
trasluci in scogliera
diafana e Diana
signora di ogni selva.
Piangi l’oscuro
contrita tentazione
ma hai pelle così di meraviglia
che ogni peccato refola
nel titillio di dita.

I gigli in bicicletta

Bianche corolle a veste aperta
colgono neve
piccoli becchi in polline
si accennano di turgore
nella giarla che scampanella.
Non è così aspra la strada
alla donna e a quei gigli donati
i raggi nelle ruote
già sono il frinire della primavera.

E’ questa una città

Tramontano angeli sul cemento
troppo spesso assieme al sole.
E’questa una città di carne in frantumi
di futuro accerchiato col filo spinato
-i sogni si poggiano
i sogni sanguinano.-
Dissero ci fu una migrazione
di rondini, e aria di aprile a lenire fascine di muscoli e pionieri a spalare palude.
Germogliò forza…
i rami sottopelle
ricordavano il corredo delle proprie radici.
Germogliò l’idea di forgiare il rumore delle fabbriche
sopra le bombe.
Arrivò poi quella folata straniera
forza e idee non fecero in tempo.

“Eppure sembra ieri”, lo penso pure io
cammino e mi sento ancora ridere
per l’alito che sa
di cioccolata e di altalena
spruzzate fino in cielo.
Il crocicchio di Via degli Olivi
ogni mio ricordo in finale arriva qui
sale le scale di marmo, si sporge e sospira
poco sopra quel bacio che sto ancora dando.

Cosa c’è sotto?

Trema il tratto, nel circoscrivere il cuore.
E’ solo carta, pensa a quel dio a schiena china
nel suo negozio di sarto a cucire
vene arterie snodi
fibre del migliore filato.
Cuore portato in vita
col filo strappato dai denti
ci dovrebbe essere abitudine
eppure mi sobbalza, già alla prima maschera
che sveglio e ghigna gli occhi.

Vestirai il vento

Arriverà il rosso in gola
arsura, di me a gambe accavallate
su quella sedia in dissolvenza
fra titoli di coda.
Quando non vuoi ingoiare briciole d’una festa
e sai che la tovaglia è indelebile al vino, e tra le pieghe
accoglie il bicchiere da cui osservavo.
Non ti ho mai ascoltato correre
eppure ho nel cuore la batteria
di scarpe eleganti sul selciato
lo sciare della fusciacca dove quel pozzo diventa erba.
Arriverai
-diluito affanno-
fino alla più scomoda radice di ulivo
che serra la zolla pronta al dirupo.
Lì sarò nuda
corpo voltato.
Proverai
con quell’indole per cui ti ho amato.
Ma vestirai il vento.