In questo settembre

Ho espresso una stella cadente
e mi è caduto in grembo un desiderio
girandole di mare sui miei fianchi
hanno aperto la marea al plenilunio.
Dove grani di sabbia e chicchi d’uva già dolci
camminano verso l’autunno, in questo settembre
ho in serbo tra le ciglia milioni di stagioni
da brindarci ogni tuo sorriso
da stappare per ogni nostro bacio.

La luce di Venere

Salgo in macchina
salgo verso di te
verso il mare che è un bordo increspato
sulla sabbia in autunno.
Mi fai capire che è stagione per un nuovo albero
assecondo i tuoi baci infiniti di orizzonte
protratti fino al tramonto, che è solo un gusto
tra quelli che abbiamo assaggiato in questo primo giorno.

La luce di un peschereccio
anticipa Venere al cielo.

Il cielo più felice

Dietro di me il cielo
si colora di lenzuola innamorate
rimboccate nell’alba del nostro giorno.
E’ tutto un fluire di spirali allo stupore
mulini a vento in un adagio di salsedine
corolle che dileguano gli occhi verso la gioia
e il modo in cui mi guardi da lì
mentre ti sorrido da qui
è un viaggio giocato tra malizia e pudicizia.

Dietro di me il cielo, quello più felice.
Starò sempre avanti a lui, in un passo nuziale
a sposarci di musica e carne
a digrignare via tutto il dolore
che per lui va più che bene il passato.

Tutto d’un fiato

Amami
tu che non sai niente di me
il giorno e la notte, quante ore io pensi durino
il pranzo la cena
se mangio biscotti a colazione
se sogno nuvole nella schiuma di latte
o legga fondi di caffè.
Amami
che questo imperativo neppure lo so dire in sillabe
ma in verità poco mi interessa
perchè ti dico amami
tutto d’un fiato
col fiato che ansima.

Il tempo degli amuleti

Settembre ha il tempo degli amuleti
capaci per ore di stare in bonaccia
contrarsi a rito in pochi secondi
da non avere scampo il mio volere.
Le conchiglie si ritraggono dal mare
legate al vento ninnano auspici
ma quando il maestrale è in tempesta
mi involano la mente alla pazzia.
Allora indosso i vestiti di tutte le stagioni
anelli quanti i cerchi che un sasso fa sull’acqua
a passi scapigliati sparpaglio coincidenze
e nella notte le ingomitolo di lucciole.

Tutto vive

Tutto vive nello stato di foglia, stamattina.
Caduco
ciclico
per un istante immortalato nel guizzo di rinascere.
La pelle dell’acqua trasuda il fondo sabbioso
marinaia di indaco si prepara all’autunno
eppure imbatte le onde sulle caviglie
e mi tiene a sè.
E’ linfa il mare che livella la sabbia profonda
e lascia che il vento la scolpisca in superficie
linfa il castello giocato dal nipote
col nonno che gli incorolla il sole tra i capelli,
linfa il frutto carnoso nella conchiglia.

Tutto vive nel mio stato di foglia
-distesa verde
buca in inverno-
e io vivo di una piccola bocca
in cui transita il cielo.

Il circo della farfalla

Nei miei occhi spettacoli di vario genere
aperti al pubblico senza sipari, atti circolari
col solo intervallo di secchiate d’acqua in terra
-tempo delle lacrime-.
Il circo irrompe anche quando non è giornata nè stagione
nella trama rimpolpo colori sui visi bianchi dei giocolieri
degli equilibristi, sforzati dalla calce con cui rattoppano la vita.
Spezie sgargianti spolverano la strada
la ruota di un calesse schiaccia e le rende vive
sui capelli al vento, lo stesso vento che rallenta e accenna
un rito primordiale tra conchiglie appese.

Di notte i miei occhi fuggono all’orizzonte
per essere accettati da un branco di solitudine
somigliano a noccioli cui strappi di dosso la polpa
marroni con accenti carminio.
E nel crogiolo del silenzio, lì è il fragore del circo
le mie ciglia si annidano all’alba
e da ogni raggio di sole tracima una farfalla.

Eccentrico

Incastrati
in una sensazione senza gambe nè braccia
senza distoglierci.
Due sedie ciniche, inservibili
così, gettati
a fondo di un pozzo che forse mai ha leccato
acqua, nè quelle piante da poco sole che gli crescono
tra i mattoni.
Distogliermi, vorrei distogliermi
da quell’unica, insicura uscita che si annuvola di fiere
ma ho un occhio solo e pure storto.
L’altro me l’hai trafitto
in un tempo confuso
di scintille.

Il varco

Pensa se la ragione degli alberi
non fosse il loro vivere, quanto invece
la pancia della Terra – Eterna Madre-
che in loro accoglie il seme di ogni stagione
e ogni stagione la partorisce lì
insieme a ogni sorta di uccello, insetto
che scavalla la corteccia solo quando è pronto.
Pensa agli alberi cavi
sbalorditi da un fulmine o nati proprio così
che fanno entrare pioggia e vento come una chiesa i pellegrini
e custodiscono i bisticci e la pace di due madidi innamorati
che nei baci riscoprono il latte della terra.
Pensa gli anelli sfilati al tronco
come il viaggio inverso che i miei passi fanno
lungo la funambolica vita
e scegli un varco con il soffitto increspato di resina
una goccia che marchi il tuo cuore
per sposarmi fino al cielo.