Jacob

Sgoccia la vita
in un rumore che si è fatto ossa
quando gli aghi cercano
gli ultimi rivoli di carne.
La materia è dappertutto
pioggia capelli coperte
mentre gli occhi mi febbricitano neve
e sento in gola il latte degli angeli.
Aspettare è un tempo già in ritardo
che non posso rispettare.

Sulle guance una carezza di nastri rossi
ha le stesse note del mio regalo di Natale.

La parte più cattiva di me

Come da bambini
la stanza di ospedale era sempre quella in fondo
proprio lì ho trovato la parte più cattiva di me.
Nell’andirivieni della pazzia
iniziai dall’alba, smisi di poggiarci i piedi
e la graffiai
di righe orizzontali i giorni pari
a righe verticali i giorni dispari
finchè non scrissi il mio campo di battaglia.
Aprivo la finestra e respiravo
gli incubi che il riposo lasciava in bocca
un ferro dopo l’altro, finchè la gola si accorciò allo stomaco.
Fui il tutto e il niente
fui notte dalla pelle troppo chiara
fui rabbia daltonica
fui un ammasso di stelle senza sogni intorno.
Poi arrivò la bile
e tra la sua miseria piantai rose spezzate
perchè ti ci potessi ferire
portandomi sul grembo una carezza.

Di questo autunno

E di nuovo torno sulla strada
bagnata e corsa da impronte
che mi dilatano sull’asfalto.
Ho pianto per tutta l’estate
di una sabbia che sento ancora nelle vene e brucia
come i muscoli nello sforzo all’arrivo.
Sapevo che sarei stata
un crocicchio a linfa sparsa
un luogo malforme a ogni geografia.
Le nuvole imbruniscono
l’albero rintocca
dei giorni di questo autunno.
Sfuoco i colori
alla vista della luna.

Volai, fortissimamente volli

Volai, fortissimamente
sulle prime foglie del volere
quelle sporche di terra
ostilmente compatta a ogni forma di vita.
Volai e stetti
effimera di ali colorate ma ben salda
come un rapace che circonflette l’orizzonte.
Volli e stetti
finchè il volere volò.
Caddi
ostilmente compatta a ogni forma di vita.