Il tritone

Il mare, la parte che non vedo
carezza senza scrupoli la sabbia
granelli tesi scivolano
sotto un orlo d’onda complice.
Gocciola
l’ultimo spasmo di pudore,
goccia un castello e la sua guglia
sulla pancia della battigia
prossima a fare del disco lunare
specchio del percepirsi piacere.

Sfumature

Amami
approfitta delle mie dita
-lagune che non sanno del mare aperto-
nell’attimo in cui si fanno puro muscolo
e il piacere ristagna.
Schiaccia l’aria
colma i fiordi sferzati dalle pretese
fino a raggrumarmi le mani in branchie
per nuotare via dal beccheggio di lenzuola
nell’approdo all’isola nominata universo.

Una rosa che danza (il coraggio)

Una rosa che danza.
“Mai vista” scuote il capo
la pupilla che rifugge le spine.
Una rosa che danza
ammalia di broccato
-vermiglia bambagia-
impila chiodi, senza legno
per i piedi che ansimano un burrone
alla ricerca di ciò che pesa loro
dentro.
Una rosa che danza
l’uomo la prende in braccio
cauterizzando il pericolo del sentire,
compiaciuto al cospetto dello specchio.
Una rosa che danza
l’Uomo la prende con un braccio solo
abbiglia il pericolo di sorriso.
Le dita che restano
curiosano oltre l’apparenza riflessa
a contare le spine di entrambi.

Quel prima chiamato bacio

No. Prima un bacio
che contempli tutte le destinazioni
mappate sulla pelle
pretese dagli organi
urlate dai sensi.
Un bacio che ti sollevi le labbra
a mostrare i denti golosi di sorrisi
con cui non mi stanco mai di imboccarti.
Un bacio che deglutisca
l’impervio rotolato dalle rughe
solo l’impervio, bada
sai che la linfa raccontata
mi intenerisce la piega dello sguardo.
Ora, ora è plausibile iniziarti alla danza.
Rapisci un battito al cuore
forgia risonanza tutt’attorno
e accarezza il mio plettro
poco al di sopra delle corde vocali.

L’allucinante mancanza

Rispondo allo stare senza te
-perverso carnefice dei dissennati sensi-
offrendogli la guancia
spellata di difese e dignità
confidando nel fatto che il pollice verso
prima di inabissarsi nel giudizio
commetta lo sbaglio di una carezza.