L’uomo cangiante

A quale ora di pienezza sia arrivata la luna
non saprei.
Esisto
nella segreta, ascendente parabola del mento
nell’invocare le tue braccia a snodarsi
in lancette che ricordano al cielo il giorno trascorso
caduco e grave al cospetto
della possente … sospesa
cangianza di pelvi.

Il mio complice

Inganna l’eternità
con studiata angolazione di specchi
appendi le cornici obbligate
lungo il labirinto che mente ancora a se stesso
volendoci insegnare la costruzione di un cuore
partendo agli antipodi di un gomitolo.
Mentre il tuo tutto fa recinto alla mia rugiada
un dito approfitta dell’appropriato sospiro
fino alle tue labbra, per dipingerti nel sorriso
la scintilla che inganna l’eternità.

Durante i secoli

Brividi di tempo
m’increspano le palpebre
più volte, nell’ora che immolo al giorno
per liberare gli anfratti
della storia che fummo,
stropicciandoci contro
il confino tra dorso e palmo
e fare scrittura
della storia che siamo.

Il ventre solo
sembra conservare memoria
di quel sovrano dal perlaceo sorriso
e della sua regina che danzava nei gesti.

Correva l’anno di un campo di grano
svogliato nei limiti
regno di spighe allattate col sole
di carestie sfugate al semplice tocco di carezze.

Ad ogni uguaglianza di luna
il ventre ricorda lo scempio vermiglio
un lampo, una fitta di membrana
dita senza più abbracci
fra il re e la sua regina.
Singhiozzi che spargono sale
steli di spighe come pugnali
a crocefiggere il destino, ammantato di cielo.

Durano i secoli, anzi perdurano
il sorriso del re marcisce al patibolo
la regina graffia di urla
la suola del ricordarsi correre
su quel campo di grano.

Nella polis battezzata eterna
inciampa poi l’imbrunire
di un giorno chiamato qualunque
ma il fuoco caduto trova pertugio
nello sguardo d’incontro fra un uomo e una donna.

Da lì, la quiete del sole
innalza sempre due corone
perchè il buio, il fato
ed ogni cosa nominata privazione
non faccia smarrire ai sovrani la foce
del prossimo mondo da cavalcare insieme.

Fantasia

Ho sussurrato la distanza tra due lettere
fatte incontrare e riconoscere come approvazione
ho intarsiato il tuo lobo di invocazione
e inarcato i capelli
…bizzarra curvatura d’orizzonte
quello che osserviamo
nella metamorfosi in cui mi fai abitare.

A braccia conserte

Reimpasti il luogo dei punti
che mi fanno tendere all’universo
a braccia conserte, riesci
col moto perpetuo di ciglia
colori di vibrazioni i miei contorni
indirizzi i gemiti verso le tue labbra
quel nord al quale non voglio dire no.
Schiaffeggiata dai baci
barcolla l’assenza e quanto finora negato
si rintanano nel letargo
che ho edificato senza via d’uscita
domandandosi la loro essenza.

Sul ciglio del lago

Penso agli scritti di anatomia
scienza inesatta
che non m’ha messa in guardia
su quanto avrei dovuto spalancare gli occhi
per riuscire solo a sfiorarti.

Penso agli scritti di astronomia
scienza inesatta
perchè non ha previsto
le distorsioni d’orbita di noi, pianeti
a beffare le catene del cielo.

Penso al calcolo delle probabilità
alla viscosità del gelato ormai sciolto
intorno ad un cucchiaino spiaggiato,
a quanto cuore lascerò sui tuoi denti
a te, che sei invero
cangiante d’essenza
solo quando mi sorridi.

Niki e Jean

Privilegio è per la principessa
l’inciampo col drago tradito dal suo stesso fuoco
virginale solletico d’unghie sulla corazza
irradia di luce le ali di latte
grinzose d’abitudine al buio.
Metamorfosi senza fretta
corre e ride
fra le dita d’una libellula e la sua principessa
che solcano onde
d’un regno che ha per diamante
un campo di grano.