Viola corre

Viola corre incontro al Natale
di fiaba e melodia
zuccherina la voce della madre
appanna il finestrino.
Viola corre
con pennarelli colorati di niente
schiarisce la nebbia sul vetro
per sapere di quell’albero di latta
improvviso; di luci è lo stupore.
Intermittenza
nei piedi che hanno appena assaggiato il cammino.
Viola non frena
il solletico di rugiada su cui ridere senza scarpe.
Muschio e fiati di nuvole
Viola canta, per il Bambino appena nato.

Un anno dopo me

Il cuore.
La pancia.
Serpenti di ciottoli
sghembe geometrie
del cuore alla pancia
della pancia al cuore.
Per strada, solo tu
correvo e ti volevo in ogni aspettare.
Assolata, indugiavo un campo di grano.
Mi fissano le spighe
-quel tempo fa pungevano anestetico-
che imburro e sbriciolo su labbra complici.
Il mio finalmente è arrivato.

“Come fai”

Quel tremolio
a cavallo tra sguardo socchiuso
e il mantice delle narici,
null’altro serve a provocarti di sguincio.
Pensi ciò che voglio
prima di ogni ultimo “come”
deglutito con la sorgente degli umori.
Sveli il fare
su ogni mano che sei.

Ora so

Eri nel dove
appesi punti ricurvi
su spine precarie.
Spesso forzavo la mano
-stigmate e domande-
a forza di gocciare sono divenuta mente
e tu ogni nome che potesse star bene col distacco.
Ora so dove non sei.
Nella mia felicità.

La prateria

Appendi i miei fianchi al dondolare
sconfinato in sinusoidi di allusioni.
Intacco praterie ad occhi chiusi
sprigiono stagioni in punta d’erba
primavera e autunno … sensazioni mansuete.
Raccapriccio, nell’estate che mi arde
fino in zolla. Sveli i reni e non mi compi.
Gocce di carne ghiacciano.
Crepito e strepito in crinale
ma non ti cambio con nessun altro inverno.