Scucio i sensi.
Intirizziscono le vene
spogliate del tuo ricordo.

Spazio appeso ad un filo
intermittenza fra come ti vedo
e come ti canta la notte.

Appoggiato tra cielo e abisso
mi stupisco se la luna annusa un fiore
e sorrido di questo appartenersi
effimero come alone di lucciole.

Sconfiggimi Cielo
distilla le armi che hai
sulle mie guance
perchè slaccino questa mia vita
che si divincola.

Cosicchè io sia linfa e respiro
per l’esistenza dei sensi
e le parole una leggenda non più tramandata.

Mentre piove
dimmi cos’è questo diluire
di tempo nelle ossa.

Adagiami su un temporale irto di spine
scioglimi nei capelli la libertà di esser foglia, poi chioma.
Cullami lo sguardo
baciami addosso stagioni più docili
se mai arrancassi
come corpo senza radici
tra le tue braccia.

Trema la pelle
soccombe sotto le urla delle tue vene
che mi pretendono.
Siccità ti fiorisce
in palmo di mano
e brulicano solchi, asperità
se non ti bagno con la mia gioia.

Un’esca di pioggia
mi cattura la fronte
narici a sospirare acqua
e terra che ribolle pensieri.
Braccia, istinti
a formare una croce
immobile espiazione
per tornare
alla purezza di nucleo.

Dita
setacciano note,
scappano alla prima inquietudine
dei miei intenti
verso te.
E sono parole.

Così me ne starò sul molo
finché soffierai la bonaccia
a plasmarmi i contorni, le ombre
i sensi.