Il cimitero di Praga

Ho ricordi avvinghiati in ossa
innocui, nella fossa comune.
Li sfioro di omaggio a piedi lievi
e sorridono come la coperta che in infanzia
assorbiva il percolare d’ogni mia caverna.

C’è poi lo stridore
di quel viale costretto a guardarlo,
la devozione pretesa da fiori esangui
nell’ascoltare il poco che resta alla linfa.
Inciampo di convinzioni
nel dichiarar vicinanza per l’ultima volta,
cedo a ricordi allineati nella pietra
che percorro a tempo di impronte e labbra infastidite.

Veglia senza fine
illuminata di preghiere sostanziate da un sasso.

Ho bisogno d’acqua
a snodarmi la gola che vuole imprecare.
Un bicchiere aggrappato ad un nido di pungiglioni
è quel che ci vuole, per bere
il veleno della salita sul monte.

Serve sempre sangue
coniato sotto la lingua
e, ricordati!
prima che tu metta piede sul guado.