Promiscua

Accendo la sigaretta
offrendomi al candelabro
plastica in patina d’argento
pezzo forte sulla tavola disillusa.
Si lagna con afrore di poliestere
la parrucca che sfiora la fiamma
rintano le ciocche nelle volute d’orecchie
che ascoltano domande al di là delle mura.
Già, mura
perchè voglio essere espugnata come fortezza
da pantaloni senza più sostegno
che bussano alla porta
rispettando codici di amanti o di clienti.
Uno…due…tre
finiva con “stella!” il gioco
che ora conta i gesti impiegati
a riporre lingerie tra le insenature di pelle.
Ti ansimano le nocche di quel briciolo di colpa
che si pulisce i piedi sullo zerbino,
le sento mentre sosto
nell’ultimo sguardo di insieme.
Asporto a cucchiaiate tutto il buono che ho
“Sbrigati, Promiscua!”, nascondilo in quel segreto di legno
accanto al profumo della dote filata
dalla nonna che tuonava il rispetto.
Libera, di me stessa
conto quanti anelli rendono questa porta sicura.
Il numero, non cambia mai.
Fisso, come il sogno infranto
di un anulare legato.