Sinuoso dubbio

Spunti con cento albe
dal latte della mia colazione
e io respiro con le narici ad asola
i bottoni della tua camicia, come scendono sul seno

si tira su il cucchiaio sempre troppo tardi
col dubbio che i biscotti non si inzuppino a sufficienza
quando invece affondano senza lottare
come vorrei fare io tra le lenzuola
se solo tu restassi ancora.

I brividi sui miei respiri

Tuffo il viso nei papaveri
la pelle si colora dell’infanzia
nel venirmi incontro rane chiacchierone
e io a farle ragionare tra risate e capriole.
Parli, e svegli il profumo
che il sole sparge all’erba,
la gola mi si ferma e guarda tra le labbra
questo tuo modo di stare in brividi sui miei respiri
e semi neri mi sdrucciolano i seni
e rame liquido accorre al mio cantare.

Le bambine parlano

Le bambine parlano nel parco
verdi di ingenuità e speranza sono fili in erba
quanto mai potrà fare male il vento che le insegue?
Le bambine perciò stanno
come la farfalla stampata sulla maglietta
controvento a un papavero che strozza la gola coi semi.
Doveva essere un’altalena
nel suo punto più alto a sfinare di risate l’orizzonte
doveva essere l’infanzia a becco spalancato
e natura che mai dimentica le sue figlie.
Di queste primavere non è dipinta però la loro vita
ma solo di un disegno che strilla nei suoi colori accesi.

Dissennati sensi

Questo giorno ha fatto abbastanza
-non dico nè in male nè in bene-
a cucire i ricordi tra cascate di ore.
Dissennati i sensi
hanno speso tutto al bar della memoria
cosce cafone e sigarette in coma
non riesco più a rimproverarli.
Cosa
-maledetta cosa-
devo o vuoi?

Di spalle

Cucirei le dita nei palmi
per togliere alle mani la voglia di carezzarti

rovescerei le labbra nelle guance
per togliere alla gola la voglia di assaggiarti

la mia schiena batte i pugni
alla fermata di questo amore
e il cielo si sporca di rondini infreddolite

mentre ti amo e te lo dico
mentre mi ami. Di spalle.

La malattia

Incarnati nei miei occhi.
Comincia dalle vene
seminale a manciate
azzurre e tremanti, ammutinate.
Infettami di stupore
come una bimba che tuffa il naso all’insù
e sbircia la finitezza del cielo
negli interstizi che le rosse foglie concedono all’autunno.

I ragazzi

Si sbilanciano figure
appena sotto il lampione,
sono vertigini che oscillano, giocano a indovinarsi
tra i grappoli delle mani.

Il tempio dei fianchi
suona una timida danza.

Gli attimi sono labbra.

Conti le ciglia
preghi la veglia,
mentre accade il vespro
il lampione rischiara.
Ragazza, fissa una canzone,
quando la riascolterai
saliranno a galla i lineamenti di questo amore.

Il modo che hai di bere

Affusolata
in stelo di vetro
capisco la luce che irradio e che riflessa mi scalda.
Una vena di lucciole mi rapisce alla tua bocca
nel modo che hai di bere
poggiando prima la lingua.
Credevo che il mare fosse un perfetto amante
per la geometria che progetta sulla sabbia
ma non ho mai visto un’onda
tirarsi dietro un corpo
con così tanta abilità.
È vero allora
che il tuo amore sa farci più del mare.

Incavi nell’alba

Ti ho sognato.

Scoccava tra le lenzuola il sentore dell’alba
ridevi di un nocciola fulgido, simile a un frutto

il tuo viso, le mie mani a petalo
in quel tempo finalmente nostro eravamo dettagli
accadevamo scorrevamo come ripetizioni di poco conto
per le nuvole sopra di noi, ma tra di noi essenziali

due incavi che fanno mano e pugno
quando le ore svegliano
perché è tardi.

Una fiaba di speranza

Chissà se mi perdonerai
per le nuvole di miseria umana che ti ho buttato in viso
chissà se hai ancora il cuore calpestato
o hai cancellato i torti con un gesto di stelle.
Fluiscono domande e insieme al poco vento
ti confido una poesia che sparirebbe
se la appendessi nel tuo armadio indaco. Pochi versi
liberati quando inclinavo la tempia sul tuo sorriso
in un tempo non ancora per noi.

I fiori suonano di campane a festa
ma tu sei lontana come una fiaba di speranza.