L’andirivieni della pazzia

Nell’andirivieni della pazzia
smisi di poggiarci i piedi
e la graffiai
di righe orizzontali i giorni pari
a righe verticali i giorni dispari
finché non scrissi il mio campo di battaglia.
Aprii la finestra e respirai
gli incubi che il riposo lasciava in bocca
finché la gola si accorciò allo stomaco.
Fui il tutto e il niente
fui notte dalla pelle troppo chiara
fui rabbia daltonica
fui un ammasso di stelle senza sogni intorno.
Poi arrivò la bile
e tra la sua miseria piantai rose spezzate
perché ti ci potessi ferire
portandomi sul grembo una carezza.