Sul cuscino

Sfregano lacrime le tue guance
una rotta imbizzarrita
dai miei capelli alle rughe di espressione.
Arrossisci d’impeto e di pudore
con quell’umore di un solo atomo
in delicato appoggio sulla rima
non poetica, ma anatomica.
Solletichi il recinto
in cui è arroccata Bellezza e la servitù dei canoni imposti
sdrucciola un piede e franano litanie
con cui mi infliggevo convinzioni
dogmi scordati persino dal passato
ora pesanti quanto una manciata di mosche.
Sei di quel bello uscito dall’intarsio
di un alchimista che sfoglia le mie favole
delicatamente oniriche nel panorama di felci
-capelli a squadrare il cuscino-
dense e vibranti come un uovo crudo
che nel tuffo
ipnotizza l’acqua.