Incerto

L’oggi
ha il tempo di uno scalino,
scorre e ti affacci al petalo dopo.
Cammini
non sai se sull’attiguo
oppure sul salto.

Del pianoforte
se percorri i tasti bianchi
non vai poi così lontano.

Prosciugare attenzioni

Vite fa
ero scarabeo della sabbia
rotolavo cocci di conchiglie
spigoli di sassi, a relitto sul mare.
Legavo capelli
controsole traversavo dune, costruite dai capricci dei passanti.
Prosciugavo fastidi
e non c’erano spine, se non nell’anima dei pesci.

Deve essere rimasta una vibrissa
nella colonna vertebrale l’attitudine
a frugare
compattare
traslare.
Le attenzioni
intrise della tua noncuranza
le tendo ai margini del vento.

Profumo di bucato.

Nella trama prosciugata
resta il nervo del buono
da accartocciare in biglia.
Ninnolo vetroso e cangiante
che rotolo
fino al gioco col mio compagno di dita.

I Cesari

C’è chi mi vede con perle gialle e soffici ai lobi
c’è chi mi vede correre
lungo la navata delle ore, una falcata
stretta attorno ad un fascio di mimose.
C’è chi mi vede a mia immagine e dissomiglianza
perchè mi diverto a dissacrare le regole del gioco.
C’è chi mi vede, davvero gli sto davanti
e mi dipinge il sorriso di seta e di rosso.
C’è chi mi vede come una Dea
armata ma di buone intenzioni e carezze.

C’è chi non mi vede.
Non pago a vanvera l’usciere
se l’ospite non vale la pena.

NeverMore

Diluisci ceralacca,
grasso rosso cola
si secca nell’aratura di labbra.
Colmi e suggelli
le epistole che friniscono dal cuore ai denti
strabuzzo così tanto gli occhi
da incastonarci uno specchio.
Si fredda la rabbia
a cavalcioni delle nari
incredula nella tua immagine
al cui collo manca la cravatta
per affermarti essere umano.

Il peccato non è più originale

Inginocchiata
su un travestimento di latte e broccato
una scheggia scampata all’epurazione
conficca gli arti nei miei.
Marcia l’espiazione, nei tendini
nella schiena accartocciata al suolo
le tempie annaspano fino all’isola di caglio
la fronte è in tempo per il terzo giorno.

Risorgo, ad un attimo dalla mela.