Il faût – bisogna-

Aggirarsi tra gli scaffali
curiosa, carezzare spigoli e dimensioni.
Il faût – bisogna.
Incerta sull’estetica
scelgo, valutare l’esatta dimensione del sé.
Il faût – bisogna.
Collisione tra passato e desiderio
immagino, incidere l’involucro con l’unghia surrogata a coltello.
Il faût – bisogna.
La colla è rimasta al suo posto
avrebbe slegato la perfezione del nostro abbraccio.
Era necessario.

T’affacci

Sei curiosa
dal cielo tracimi negli occhi
di chi ferma la propria vita
per il tempo di un sospiro.
Pozione di colori
sei Terra che si specchia
sei impasto di scie dell’evoluzione,
tutto e niente nel contempo, sei
illusionista dal manto plumbeo.
Comunque Donna.

La negazione

Un uomo, in bocca
ti chiude il sorriso con la saracinesca,
fa deglutire l’autostima.
Un uomo, nell’orecchio
ti strozza  suoni e parole gentili
perché siano rantolo di rumori e bestemmie.
Un uomo, sul cuore
ti cancella il futuro con gli speroni,
cambia di posto a vene ed arterie
in modo da ucciderti col tuo stesso sangue.
Un uomo, nella pancia
ti edifica muri per eclissare i mondi che hai.
Quest’uomo è un errore genetico d’ortografia
con quell’iniziale piccola piccola
priva di mani con cui carezzare
priva di ali con cui far volare.

Madre Luna

Consolazione sei per i sospiri,
iridescente paiolo che li forgia in stelle.
Sei il più alto tra gli specchi
in cui la vanità affonda gli occhi
fino al cratere del compiacimento.
Chi ha il cuore in fiore
ti vede Madre, abbraccio perfetto
dei sorrisi col cielo.

 

Imperfetto

S’addormenta il tramonto sulla Terra.
Rannicchio al cuore le ginocchia
ne bacio la salsedine, come farei coi tuoi occhi
emersi dalle lacrime.
Conosciuto, senza falle è il viaggio dei ricordi
nelle vene e nelle ossa che mi abitano;
per questo grido all’aria
ogni attimo di noi cesellato nella testa,
perché tu possa apparirmi imperfetto,
finalmente imperfetto
come è l’orizzonte, uno spicchio
dell’Immensità.

Cosa, come

Cosa farai
quando i contorni ti saranno vivi nei ricordi
e con le lacrime proverai a rinverdire
i fiori che avevo dentro.
Come farai
a non sgualcire le unghie per il the delle cinque
quando sarò il dolce
in ciò che abbiamo condiviso,
eppoi fastidio di labbra
per la tazzina sbeccata.
Cosa e come mi domando
mentre ti osservo cucire,
nell’altalenare dell’ago
dare forma al paradiso
che vorrei sopisse
l’inverno delle spalle.

Tra le pieghe, sabbia

Tra le pieghe del mare, sabbia
gocciola dalle dita
sedimentandosi nel domani.
Sabbia, tra le pieghe di me, neve
stanca di proteggere pane.
Tra le pieghe della coperta, sabbia
edulcora il deserto tra noi.
Sabbia, tra le pieghe della tramontana
che sferza le labbra. Fugge un pensiero.
Tra le pieghe dell’assenza, sabbia
relitto del ricordo.

Certezza

Tu ci sei, seme perpetuo
tra le mie rughe
eppoi sei
getto d’acqua, calco di arcobaleno
sul mio grano.
Tu ci sei, medicamento
nella mia mano
eppoi sei
spina, fastidio d’assenza
nella mia carne.
Tra i flutti del moto perpetuo
mi adagio, spengo il cuore
perché non distragga la notte.
Una zattera, la distanza di un atomo.
Eppoi tu.

Inquietudine

Ne ascolto lo sciabordio tra le cellule,
poi quando, fiorente spuma,
si accovaccia nell’insenatura del ventre.
Come bruchi, le dita
si inseguono sul lenzuolo
e già sono farfalle bizzose
nel ricamare la luce che sopravvive al tempo.
Gioco con la polvere,
grano dopo grano il vento mi nomina custode
di quest’essenza atomica
che plasmo coi tuoi lineamenti.
Dipinta di te
mi accartoccio nella vasca da bagno
declino l’invito di aprire il rubinetto.

In un minuto e mezzo

DIECI.
Il numero minimo in dita per salire sulla nostra giostra.
VENTI.
Quanti piccoli rami servono per innestarci l’uno nella vita dell’altra.
TRENTA.
Sono le ancore sufficienti all’approdo nel tuo mondo, nei giorni di bonaccia,
QUARANTA
ne servono per fronteggiare le iperboli della tua essenza.
CINQUANTA
i battiti che sfuggono al cuore, segugi di un tuo segnale
SESSANTA
tasselli del domino che capitolano al passare delle lancette
SETTANTA
gli strati di nuvole sotto di noi
OTTANTA
l’età in cui smetterla di prenderci sul serio
NOVANTA
come i secondi di vantaggio che la paura ha concesso al sogno.