Rigurgito

Affondo sabbia
e due zeppi d’ossa, nel punto di carne dove gola parla.
La saliva ha la stessa forma delle onde
rigurgita il dolore e mi carezza in perla
-smerlata conchiglia
incastonata nella cura del mio pescatore.-

Il cornicione

Sapevo della fine
che avesse densità dissimile alla creazione
eppure sono a galleggiare
armata al cemento
lo sguardo grondaia stelle in pancia
e un fiocco di carillon, per le fiabe che ti narrerò in salita.
Ansimo il vuoto
-suole di cornicione-
sosta il destino e avvinghia pelle, avvinghia ossa.
Risalgo.
Risali.
Nasciamo.

Voce del verbo occhi

Hanno parole, gli occhi
sono pentole di cibo sfatto
o sacchi membranosi e flosci
in cui rimane un testamento sul fondale.
Gli occhi hanno stagioni
marroni
verdi
azzurre
di inverni come di mare
di rossi perché calpestati.
Blindati o fragili
ogni oltre sostanza
strisciano grotte
innescano cielo.

Le dita di Chiara

Due
artigli ad espiantare midollo
due che nè di bestia nè di uomo si possono dire.
Due,
le dita di Chiara
ramoscelli che annaspano e tremano
ogni racconto.
Il Creato
al capezzale di un albero scortecciato
ascolta a terra e numera in passi la distanza.

“Tu sarai il mio motivo di vivere ancora.”

In questo amare

C’è una macerazione d’occhi
sperticati a enucleare come fine dell’universo
questo amare, quando basterebbe adagiarsi
all’evidenza di un amore che si aggrappa
in tutto, e lì geme e ride e feconda in cuore.
A chi non piace il cielo
e chi non favoleggia sfogliandone il velo
ci sono minuti in cui lo faccio spesso e di più.
Ma sono piccola
un pianeta raggranellato
e ti amo, piccolo pianeta di incertezze.
E che l’universo
ci faccia da satellite
uno specchio di immortalità lo posso anche accettare.

La colpa bambina

Narra la favola
che nel primo tuo vagito fosti costola,
organo a percuotere
per suonarci via la colpa.

Narra la favola
che l’ombra sia sposa a infinito della vita
e tu, Donna, sei vita
senza mai possibilità
di toglierti le colpe
-neppure di notte, chè le ombre non ci sono-.

Dovere e sacrificio
sono le fabbriche dell’infelicità.
Mi sono licenziata.